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Biografia Trent'anni dopo, ma sono nato lo stesso giorno di mio padre, l'8 febbraio , quel 1922 -per dire- della marcia su Roma… Come il fratello Guido, Mario Bergamo, mio padre, era un repubblicano storico, mazziniano, della corrente di repubblica sociale - "l'espressione è vostra" , gli avrebbe riconosciuto troppo tardi Benito Mussolini quando gli aveva anche chiesto di scrivere la Costituzione della R.S.I.-… Avvocato - e strenuo difensore, tra l'altro, di Molinella - la cittadella cooperativa incessantemente aggredita dalle squadre fasciste -, egli è stato l'ultimo Segretario politico del Partito Repubblicano Italiano sotto il "Regime". Deputato per l'Emilia e la Romagna, ricostituì subito il partito in Francia, appena costretto all'esilio per le persecuzioni ed aggressioni delle bande di Arconovaldo Bonaccorsi a Bologna e di Italo Balbo a Ferrara. Però anche il mondo dei Fuorusciti politici era irrimediabilmente inquinato dai malumori, malintesi, scontri, rancori, dissapori, amori magari, o invece persino tradimenti, che avrebbero continuato ad avvelenare la politica italiana. Tant'è che appena a pochi anni dall'inizio di quella esperienza (1934) Pietro Nenni era arrivato a confessare che sarebbe stato meno gravoso il carcere e il confino fascista piuttosto che il "manicomio" antifascista ("anzi, spesso, un pozzo nero") ritrovato. Proprio per tentare di smuovere una "concentrazione antifascista" che si dibatteva impotente nelle proprie magagne e nella subdola speranza che fosse il progressivo aggravamento dei contrasti internazionali a liberarla da Mussolini, mio padre aveva proposto apertamente su un suo quindicinale - I Novissimi Annunci - "il giornale-francobollo" avrebbe ironizzato il Duce, riferendosi al formato del foglio - tre linee di pensiero e di azione destinate a integrarsi per fare uscire il movimento antifascista dal piccolo cabotaggio della cronaca inconsistente e dalle tentazioni dell'attentato:
Tre tesi che i partiti fuoriusciti e la massoneria ad essi conglobata sovrana nella "concentrazione" oppugnarono invece ferocemente defenestrando mio padre dal proprio seno e decretandogli una "damnatio memoriae" che perdura tuttora , a quasi mezzo secolo dalla morte , dopo 40 anni di esilio miserabile e solitario (Paris, 1963). Epperò , quelle idee e visioni di mio padre costituiscono l'ossatura del suo Nazionalcomunismo, un termine che egli aveva volutamente coniato e avanzato a sostituire la definizione meno incisiva di Repubblicanesimo integrale per scuotere i compagni dal letargo beota. E un termine quindi che mi sono sentito in obbligo e in diritto di difendere quando con la morte del mio genitore ho dovuto darmi conto , anche con personale angoscia esistenziale, del vergognoso strumento della "damnatio memoriae" quale arma mafiosa della malafede e come mezzo di falsificazione e adulterazione della storia così come imbastita dai sopraffattori di turno. Quanto a me, serbai ricordo intenso della mia Bologna, anche se a cinque anni raggiunsi mio padre in esilio in una Parigi che egli insieme a Pietro Nenni aveva raggiunto scalando le cime di Lugano. Ma se da tutti i miei anni mi volto indietro, io devo ancora benedire l'esilio. A sei anni sono andato all'asilo, poi ho potuto fare tutti gli studi fino alla Sorbona in una scuola laica che mi ha dato tutto gratuitamente e insegnato che Liberté, Egalité, Fraternité non sono soltanto retorica in un paese, la Nation, che è comunque e sempre al servizio premuroso e anche affettuoso del cittadino: non la matrigna terra di nessuno, così spesso anche brigantesca, l'immagine che la mia patria naturale continua a dare di sè stessa malgrado i rari fiori anche stupendi che sembrano germogliare come per dispetto dal letamaio ubiquitario. Nel 1939, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, mi sono trovato per varie vicissitudini isolato dai miei genitori e sono stato ospitato per quasi tutto il 1940, nutrito, accudito come un figlio da una famiglia francese che non mi doveva niente e il cui figlio, Claude, era andato intanto a morire sul fronte dell'Alsazia. Quando poi il regime di Pétain legiferò che gli stranieri non naturalizzati non avrebbero potuto esercitare le libere professioni , io che adoravo la Francia - intanto anche sconfitta! - ma che non sapevo dimenticare l'Italia che continuavo ad amare benché mi schifasse (le leggi razziali, la Spagna, la pugnalata del 10 giugno alla Francia!) scelsi di rientrare di qua dalle Alpi con una borsa di studio per l'università di Padova. Una miseria, quasi come i primi anni dell'esilio; ma mi andò meglio nel 1942 quando fui chiamato alla leva, rifiutai di imboscarmi come mi suggeriva un parente gerarca e vissi invece a pensione del regio esercito che finalmente mi congedò pezzente perché…mi mettessi in regola con gli esami: erano i giorni, dopo Stalingrado, di El Alamein! Malgrado tutto, la Francia era caduta in piedi e infatti anche i tedeschi se ne innamoravano. Invece l'Italia era finita da peripatetica anche l'8 Settembre. Non era più questione di fascismo o antifascismo ma di rispetto della parola data, cioè di onore, individuale e collettivo. Così decisi per la Repubblica Sociale Italiana, una scelta della quale ancora mi onoro. D'altronde ero della "sanità", svolgevo ormai funzioni di medico e non sparai un colpo, salvo un gatto che scappò e una lampadina che mi riuscì invece di spegnere…a Vigonovo, Padova: non è una colpa né merito se per me gli Urali furono gli Euganei... Un anno dopo la fine del conflitto mi laureai e quindi tornai subito a Parigi, ad approfondire la mia formazione di medico e specializzarmi in cardiologia - una disciplina allora in Italia ancora inesistente. Quindi rientrai in patria ed iniziai ad esercitare la professione a Venezia, da libero…battitore, perché, come italiano non potevo esercitare in Francia e siccome i miei titoli erano francesi non avevano valore accademico in Italia!!....Siccome però non è il valore… legale dei titoli ad assegnare la qualità all'abbraccio di una professione, ebbi la fortuna di poter prendere serenamente con me mia madre, ormai rimasta sola, e di farle pubblicare una raccolta delle poesie ch'ella aveva scritto ancora da ragazza e mi aveva poi cantato, me ragazzo, in esilio, anche perché non mi disinnamorassi della nostra lingua. E' così che nel 1950 stampammo Fra Sile e Senna . Allora né sospettavo né mi sognavo di avere anch'io manie grafomani, finchè nel 1963 non morì mio padre. Avevo sì curato in precedenza una sua raccolta di scritti , "L'Italia che resta" nonché, quindi, "Novissimo Annuncio di Mussolini" una "prefazione mancata" a 40 anni di colloqui con Lui di Ottavio Dinale, cui avevo quasi istigato mio padre appena un anno prima che morisse. Ma è stato allora , quel 1963, che mi sono trovato nella necessità morale di scrivere , per rivendicarlo, soprattutto per sottrarlo alla morte anche civile cui continuavano a destinarlo infami gli ex compagni di lotta, quasi tutti occupati anche a seppellire i propri scheletri dagli armadi. Cominciai su "La Procellaria", una rivista politico-letteraria di Reggio Calabria, diretta da Francesco Fiumara; quindi passai a "La parola del popolo" di Chicago. Infine e più organicamente su "Nuova Repubblica" di Randolfo Pacciardi. Ma serviva a poco e d'altronde tutti i maggiorenti , pataccari o meno, dell'antifascismo militante subentrato al fascismo dietro ai carri dei vincitori , si sottraevano al dibattito, rifiutavano il dialogo, si atteggiavano a catoni, nicchiavano ipocriti, diffamavano per partito preso, mi rifiutavano il giurì d'onore dinanzi al quale mi offrivo di comparire. Così , dopo aver pubblicato postumo "Nazionalcomunismo" , un volume che L'Espresso aveva subito recensito anche definendo Mario Bergamo come "il nostro pensatore politico più moderno e attuale", nonché tradotto "La France et l'Italie sons le Signe du Latran" con "Laicismo Integrale" , mi sono deciso ad affrontare anche per mio conto faccende, argomenti, verità, e menzogne propinate così spesso sfrontatamente al parco dei buoi chiamati a fornire il letame per la fungaia di un teatrino davvero tragicomico. ©Giorgio Mario Bergamo - Tutti i Diritti Riservati - a citycenter project |